Fiamme Oro – Petrarca. La storia infinita

La finale di Coppa Italia con le Fiamme Oro vinta dal Petrarca che conquista così il Trofeo Tricolore per il campionato 2021-2022 è un altro episodio di quella lunga serie di confronti che ha visto contrapporsi la squadra petrarchina a quella dei poliziotti. C’è stato un periodo durante il quale i poliziotti delle Fiamme Oro ( allora con sede a Padova) vincevano scudetti a ripetizione, forti del fatto che molti giovani e promettenti giocatori per adempiere all’ obbligo del servizio militare, sceglievano di giocare tra le fila della squadra cremisi. Erano gli anni ’60 ed il rugby veniva giocato in modo profondamente diverso da quello che si gioca oggi.                                                                                           Così ricorda il suo primo incontro  con le Fiamme Oro nel 1960 un  (allora) giovane rugbista petrarchino:

“Con i Campioni d’Italia delle Fiamme Oro quest’ anno, per sciogliere l’obbligo del servizio di leva gioca anche Matteo Silini. La cosa mi va bene perché così  trovo spazio in squadra entrando in questo campo, così freddo difficile e pieno di fango, con l’emozione della mia prima assoluta contro le Fiamme.

Ho tanti timori. Giocherò pilone, ruolo nuovo per me, visto che in seconda linea con Riccardo Saetti giocherà Pancera, quello che chi non mi conosce bene pensa sia mio fratello maggiore!

Sarò pilone sinistro, non il massimo, ma ci devo provare.

Ci riscaldiamo correndo su e giù, sento battere sulle spalle, mi giro: è Vaghi, pilone romano reduce, dicono, da tre anni in Africa con la Legione Straniera!!!

Mi guarda con un ghigno beffardo, poi mi spinge per girarmi un po’ come per ricontrollare il mio numero di maglia, che di certo ha già visto… eh…. eh….sghignazza, giochi pilone sinistro, giochi contro di me, eh… eh…. cinque minuti e uscirai in barella!

E’ fatta, sapevo già chi mi sarebbe toccato, ma cercavo di non pensarci.

Vaghi è largo e basso, forse non arriva al metro e settanta, un bel problema per uno come me che pilone non è ed è parecchio più alto.

Non ho mai visto nessuno con spalle più larghe delle sue, non ha praticamente collo, ma una sorta di blocco unico che esce dal busto. Ed un muso brutto, tutto rigato che, se lo vedi di sera, al buio, ti prende una dissenteria immediata…

Non lo sono, ma fingo d’essere indifferente, spavaldo, faccia da duro, ma in realtà la paura non manca e, sul momento, l’unica cosa che so fare è sputare per terra. Memo è vicino. Mi ha già confortato e stimolato in spogliatoio, mi ha già detto che sarà sempre dietro di me. Vede la scena e urla a Vaghi:   ciò ti, faccia da cueo, testa da c….,  va in mona…ti, to pare…ecc…  te vedare uncò cossa che te capita!  Mona!

Non so se il legionario romano ha capito tutti questi improperi ed i molti altri che gli scaraventa contro un Memo incazzato, il cui tono e faccia cattiva non lasciano dubbi.

Vaghi ride e se ne va, Memo mi stritola il braccio e mi guarda con occhi durissimi: bocia, no preoccuparte, queo là nol vae un casso, te ghe da ‘ndare zo duro e distrugerlo, che dadrio ghe sso mi, ke penso a tuto! E anticipa,  va zo svelto,  anticipaeo,  no sta farghe fare queo ke el voe lu!

Una pacca sulla spalla e via.

Bel discorso, ma là davanti ci sono io, unico ventenne in campo. E sto pensando che Memo, in realtà, non è certo sicuro sulla mia tenuta.

Prima mischia: arriva una testata.                                                                                                                                     Sto zitto e spingo.

Seconda mischia appena fischiata dall’arbitro, Memo mi viene vicino sibilando: desso daghela indrio… dai!

Facile a dirsi, ma non posso sottrarmi all’ordine di Memo e vado contro, in fin dei conti la testa non è un mio punto debole, mi pare.

Il mostro, forse sorpreso, s’incazza: TI AMMAZZO!!!

La terza mischia è la ripetizione della prima. Mi resta il timore di una rissa perdente, ma sono un po’ confortato dal fatto che in spinta reggo, non ho problemi finora, mi pare. Grazie anche a Riccardo, che in seconda mi puntella alla grande!

Memo urla e mi sostiene e così alla quarta mischia mi preparo a ripetere la mia testata della seconda, e m’incoraggio urlando anch’io, come fa il legionario.

Quinta mischia. Vedo che non si lega al suo tallonatore e mi aiuta Riccardo:  attento Piero..!

Sciolgo anch’io il mio braccio e quando lui parte col pugno riesco quasi a bloccarlo, quasi.. ma nulla di grave.

Ma quando la mischia si scioglie Memo non segue la palla, segue Vaghi: ciò ebete no te ghe capio gnente!  prova a fare ‘ncora el mona che mi te desfo!

Si gira verso di me e col braccio mi fa un cenno di forza!

Altra mischia fischiata, prime linee ancora in piedi mentre gli altri sono già legati dietro. Lollo Levorato, terza centro trevigiano in servizio militare, mette dentro la testa urlando a Vaghi:  stavolta copeo!

Non ho dubbi a chi si riferisca, non li ha nemmeno Memo, che di scatto s’alza da terza centro, fa di corsa il giro della mischia, scarica un pugnaccio sul collo di Levorato, continua la corsa e si rimette dentro.

Tre secondi!!!                                                                                                                                                                         Gli avanti cremisi non s’accorgono di nulla, Lollo sta fermo, urlano un po’ i suoi trequarti ma non succede nient’altro e l’arbitro, forse anche lui sorpreso, ordina solo l’entrata in mischia.

Lollo ha fatto incazzare anche me, temi l’ira del buono… dicono, ma Vaghi non lo sa… Senza pensarci, scendo bassissimo e nell’entrare in contatto, sposto la testa tutta a destra e l’alzo di scatto: gli ho rifilato una testata in faccia. Danni sicuri.

Ti ammazzo, ti ammazzo, ti ammazzo…!!!!! urla quel vagone e si divincola, ma per fortuna la palla esce malamente dalla mischia finendo in touche e l’arbitro fischia la fine del primo tempo!

Taglio l’angolo di corsa, continuo a sentire minacce ed ho paura per quello che mi succederà dopo.             Forse ho esagerato…   Memo mi prende il braccio e m’incoraggia: bravo bocia,  bravo,  bravo,  fato ben co quel monton… e po’ gheto visto che teo tien in spinta senssa problemi….  bravo! e varda ke te so sempre da drio, sta tranquieo

Rientrando in campo vedo Memo spostarsi a fianco di Vaghi, sicuramente gli sta manifestando tutto il suo apprezzamento!

Io ho più di qualche preoccupazione, Memo continua a sostenermi, confortarmi e consigliarmi ad ogni pausa di gioco. Per mia fortuna per almeno un quarto d’ora non ci son mischie chiuse. E con l’altro magari ci siamo presi le misure e così il secondo tempo fila via con una certa tranquillità senza che alcuna tragica minaccia si realizzi.

Stiamo perdendo 5 a 3, per una meta delle Fiamme su un banalissima palla persa dalla difesa in mezzo ai nostri pali.  Berto Comin ha poi sbagliato un secondo calcio, quello del vantaggio.

Ma c’è una bellissima azione dei nostri trequarti, un buco straordinario di Giorgio Pennella che avanza ed infine fissa l’estremo e passa la palla a me che sono in sostegno con nessuno davanti e la linea di meta vicina.

Per un istante penso che, senza aver alcun merito, sto segnando la mia prima meta e contro le Fiamme, non mi pare possibile ed in effetti non lo è perché il fischio dell’arbitro interrompe il mio sogno: era in avanti, secondo lui, il passaggio di Giorgio.

Non era in avanti, lo giuro, protesta Giorgio, ma giurare non serve. L’arbitro non si commuove fischia la fine e noi perdiamo. Io però sono contento lo stesso. Felice, perché sto uscendo dal campo perfettamente incolume e la pacca finale di Memo ed il suo “bravo bocia” sono oggi più che sufficienti.”

Testo e ricordi di Piero Zanettin

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